Lo studio dei chakra in medicina energetica in un’ottica di integrazione occidentale può far emergere importanti riflessioni nei riabilitatori. In questo articolo andremo a scoprire le caratteristiche del primo chakra, Muladhara, integrando i concetti della pratica di yoga, le nozioni di medicina occidentale e di medicina tradizionale cinese.
La parola sanscrita Chakra nasce nell’antica India e la sua traduzione differisce nei vari testi (cerchio, ruota, vortice). Un chakra può essere descritto come un centro di attività, assimilabile ad un trasformatore di energia che riceve, processa ed esprime l’energia vitale che pervade e anima l’essere umano (Prana). Nonostante non possano essere considerati delle entità fisiche in sé e per sé, hanno una localizzazione specifica nel corpo, lungo l’asse vertebrale, proprio perché hanno un forte effetto su di esso, attivando le potenzialità psicofisiche latenti nell’uomo. Hanno inoltre una forte correlazione con le nostre funzioni corporee in quanto influenzano l’attività ghiandolare, la costituzione corporea e le attitudini mentali e fisiche dell’essere umano. I chakra possono quindi essere chiamati anche centri di coscienza. Con il termine coscienza qui, non si vuole intendere quella sensazione di voce interiore, pregna di saggezza e moralità, ma la consapevolezza posta in relazione con tutti gli ambienti circostanti.
I chakra principali sono 7, di cui 5 doppi cioè composti di un vertice anteriore e uno posteriore, corrono lungo la colonna vertebrale, dalla base del pavimento pelvico alla sommità del capo. Possiamo trovare interessanti corrispondenze con le nostre 7 ghiandole endocrine e i punti di agopuntura dei canali straordinari di Ren Mai e Du Mai.
Il primo chakra è rappresentato da muladhara nell’area sacro-coccigea, il secondo da svadhisthana in quella genitale, manipura nella zona dell’ombelico, anahata a livello del cuore, visuddha all’altezza della gola, ajna tra le sopracciglia e sahasrara nella sommità del capo.
MULADHARA CHAKRA -il primo chakra-
“Tutte le fondamenta affondano nella terra – la base universale di ciò che facciamo. Per il nostro spirito il nostro corpo è la terra, le fondamenta, la casa. Mettersi in contatto con il corpo significava collegarsi con la terra, avere radici nella realtà biologica dell’esistenza.” Anodea Judith
La sua traduzione letterale è sostegno della base (MULA significa radice/base e ADHARA supporto) e la sua localizzazione fisica è la zona sacro-coccigea in un punto tra ano e genitali esterni.
E’ la sede dell’elemento terra, ed è proprio nella terra che l’essere vivente costruisce le sue radici per ricavarne nutrimento e stabilità.
L’organo di senso ad esso associato è l’olfatto, le cui strutture nervose si trovano nel rinencefalo, che comprende le parti filogeneticamente più antiche del sistema nervoso centrale.
Regola le funzioni corporee connesse all’eliminazione (APANA VAYU) quali escrezione, minzione, eiaculazione e parto.
E’ il nostro primo livello di identità, il chakra dell’origine, corrisponde all’identità fisica e presiede all’autoconservazione: grazie ad esso impariamo ad identificarci con il corpo e percepiamo tutto ciò di cui abbiamo bisogno nell’immediato per il nostro sostentamento.
E’ la casa della Kundalini, energia primordiale passiva e inespressa che potenzialmente contiene ciò che verrà creato. Una volta risvegliata grazie alle tecniche che lo yoga ci fornisce, la sua risalita attraverso i chakra successivi permette la piena espressione delle nostre potenzialità e la riconnessione a quella energia cosmica che pervade tutto il mondo circostante. L’identificazione fisica è necessaria all’essere umano per interagire con il mondo materiale, in sua mancanza infatti si perde il contatto con la realtà che ci circonda.
Un primo chakra in equilibrio ci permette di radicarci in senso fisico ed energetico, di costruire solide fondamenta per poterci orientare con sicurezza nello spazio e nell’ambiente circostante. Più le radici saranno profonde e ancorate alla terra, maggiore sarà la stabilità che svilupperemo per contrastare le difficoltà che incontriamo nel nostro percorso di vita.
Muladhara è la base stessa del sistema dei chakra e la sua stabilità influenza inevitabilmente quella dei centri energetici posti sopra di esso.
Insito in questo chakra è l’istinto di sopravvivenza. Quando questa viene minacciata tutta la nostra energia viene canalizzata a questo livello e il corpo si pone in uno stato di allerta e iperstimolazione del sistema nervoso simpatico per promuovere la risposta istintiva del “combatti o fuggi”. Le conseguenze a lungo termine di questo continuo stato di stress possono portare a problematiche fisiche quali disturbi cardiaci, del tratto gastrointestinale, disfunzioni del sistema immunitario, ansia e problemi del sonno.
Di conseguenza un lavoro mirato sul primo chakra riporterà l’individuo ad una condizione generale di benessere sul piano fisico e sicurezza e stabilità sul piano mentale. Utile a questo fine sono le tecniche di radicamento e di propriocezione corporea.
Le pratiche di radicamento che lo yoga ci fornisce vengono eseguite non a caso a piedi nudi e partono proprio dalla consapevolezza di questa complessa struttura anatomica. La presa di coscienza e l’attivazione delle arcate plantari, strutture fondamentali per sostenere il peso di tutto il corpo, attraverso il massaggio ed esercizi mirati è la base per costruire le posizioni in piedi. La medicina ayurvedica prescrive infatti ai soggetti con problemi legati al primo centro energetico l’auto massaggio e il camminare scalzi entrando in contatto con la natura.
In medicina tradizionale cinese il primo centro energetico può essere associato al meridiano curioso CHONG MAI, anche chiamato “mare dei cinque organi e visceri” connette tutte le vie energetiche dell’organismo. Nel suo ideogramma risiedono concetti come il progredire, l’avanzare, il camminare e il marciare. E’ la direttrice che ordina il nostro cammino nel tempo, maestro di quella danza sacra che è il corso della vita di ciascuno.
Interessante è, alla luce di questo, il suo percorso: origina da CV 1 al centro del perineo e due rami di esso sono diretti al piede, uno al calcagno e uno all’alluce, entrambi esprimono il modo in cui l’uomo proietta la sua connessione con la terra.
Nello yoga vengono infatti proposte posizioni in piedi via via più complesse (posizione della montagna, posizioni del guerriero, posizione del triangolo, equilibri monopodalici come la posizione dell’albero) per accrescere la sensazione di radicamento e la forza nelle gambe, donando quel senso di stabilità e di percezione del corpo nello spazio.
Analizzando questi concetti in un’ottica occidentale possiamo ritrovare importanti considerazioni note a tutti i riabilitatori. I piedi percepiscono il suolo e tutto ciò con cui la zona plantare viene a contatto, registrano informazioni, sono strutture meccaniche forti e complesse. Con ventisei ossa, trentatré articolazioni e più di cento tendini, muscoli e legamenti, tengono il corpo eretto e in equilibrio. La propriocezione è il prodotto delle informazioni fornite da terminazioni nervose specializzate denominate meccanocettori, cioè trasduttori che convertono stimoli meccanici in potenziali d’azione per la trasmissione al SNC.
Il feedback propriocettivo è cruciale nella sensazione conscia ed inconscia del movimento di un’articolazione o di un arto e una maggior consapevolezza della posizione e del movimento corporeo consente di eseguire diverse azioni senza il continuo riferimento della coscienza.
Durante i movimenti unilaterali della parte inferiore del corpo, l’individuo deve produrre importanti contrazioni mentre sta in piedi su una gamba. Ciò richiede una maggiore propriocezione e stabilità centrale rispetto ai movimenti bilaterali.
Uno studio del 2012 sull’ European Journal of Applied Physiology ha scoperto che gli esercizi unilaterali attivano più efficacemente la muscolatura del core superficiale rispetto agli esercizi bilaterali.
La propriocezione fornisce importanti informazioni su posizione e movimento corporeo, oltre a contribuire alla stabilità dinamica delle articolazioni coadiuvando il controllo neuromuscolare a feedback e feedforward, e che le capacità di equilibrio dipendono dall’elaborazione delle informazioni ricavate dai sistemi sensoriali.
Anche le posizioni sedute che incentivano la sensazione di contatto degli ischi a terra vengono consigliate per il riequilibrio di muladhara.
Inoltre nelle pratiche di respirazione si può cercare l’attivazione di MULA BANDHA (tecnica di chiusura della radice) per risvegliare il primo chakra. Nello specifico nell’inspirazione si contrae il punto tra sfintere anale e genitali esterni, rilasciandolo nell’espirazione, per creare delle leggere pulsazioni a livello del pavimento pelvico e aumentarne la percezione.
Chi si occupa di riabilitazione del pavimento pelvico sa quanto sia importante procedere inizialmente con esercizi di presa di coscienza sdraiati o seduti abbinando esercizi respiratori, ma che poi si debba necessariamente, a tempo debito, passare ad esercizi in stazione eretta abbinando anche i movimenti degli arti inferiori.
Concludendo possiamo dire che Il concetto di radicamento e le tecniche per coltivarlo sono fondamentali all’inizio di un percorso di consapevolezza corporea e andrebbero sempre approfondite lungo il cammino per riscoprire e migliorare quella capacità innata di affrontare e adattarsi alle difficoltà e ai cambiamenti della vita quotidiana, soprattutto nel mondo odierno dove gli stimoli esterni sono tali da indebolire la percezione e la consapevolezza fisica del corpo.